lunedì 14 gennaio 2013

MUSICART PROJECT - The Black Side Of The Moon

Informazioni
Gruppo: Musicart Project
Titolo: The Black Side Of The Moon
Anno: 2012
Provenienza: Italia
Etichetta: Black Tears
Contatti: musicart.eu - blacktears.it
Autore: Dope Fiend

Tracklist
1. Speak To Me/Breath
2. On The Run
3. Time
4. The Great Gig In The Sky
5. Money
6. Us And Them
7. Any Colour You Like
8. Brain Damage
9. Eclipse

DURATA: 39:18

Quando si parla di coraggio è impossibile non parlare anche di rischio, perchè ogni azione coraggiosa è inevitabilmente soggetta a svariate insidie per effetto di una delle più palesi manifestazioni della legge secondo cui ad ogni azione corrisponde una reazione.
Analizzare un prodotto musicalmente coraggioso può diventare quindi assai arduo, a maggior ragione se il suddetto prodotto va a rielaborare qualcosa di estremamente famoso e/o pregno di un valore artistico universalmente riconosciuto come immenso.
Sicuramente l'uscita dei Musicart Project ha suscitato parecchio interesse, senza dubbio grazie anche ad un'estesa promozione, e non soltanto per il fatto che tale progetto sia una sorta di super gruppo tra le cui fila spiccano Peso e Pier Gonnella, rispettivamente batterista e chitarrista dei ben conosciuti Necrodeath: l'album in questione è, infatti, nientemeno che una rivisitazione in chiave metallica di "The Dark Side Of The Moon", celeberrimo e ormai quarantenne disco dei Pink Floyd.
Devo dire che non sono mai stato un amante di tali operazioni ma quando ho ricevuto il promo ho provato comunque una certa curiosità al riguardo di questa creazione anche perchè, sebbene (e qui immagino già orde di lettori inferociti e disgustati che vorranno lapidarmi) la band britannica non sia mai stata tra le mie preferenze assolute, apprezzo e riconosco l'immane portata artistica, storica e culturale che tutto il gruppo e questo album in particolare portano in grembo.
Veniamo però al dunque: cosa ci possiamo aspettare da "The Black Side Of The Moon"? Innanzitutto una voce femminile... proprio così, le doti canore vengono ivi fornite da Giorgia Gueglio (cantante nei nostrani Mastercastle) che, benchè in possesso di uno stile diversissimo e assolutamente incomparabile a quello di Gilmour, si giostra in maniera ottima tra le varie sfumature dei brani, anche in quei momenti in cui praticamente ogni voce che non sia quella originale sembrerebbe fuori luogo (vedi la rinomata "Money" da cui forse solo Glenn Danzig potrebbe uscire a testa alta).
Parlando di voci, mi viene facile citare quella che forse è la portata migliore dell'intero disco, ovvero "Time", proprio il brano che forse era il più difficile da interpretare perchè pieno di magia ma qui il lavoro di irrobustimento estremizza notevolmente l'intera ossatura riuscendo nell'intento di realizzare un insieme incredibilmente naturale ed omogeneo in cui anche gli interventi della voce roca di Zanna funzionano meravigliosamente.
Allo stesso modo, anche "Us And Them" è ottima nel coniugare bene l'onirica e soave delicatezza della partiture prettamente atmosferiche con i momenti più adrenalinici che, per l'occasione, vengono corposamente "metallizzati", senza comunque snaturarne il senso o il contesto.
Un poco più sottotraccia invece pezzi come "Speak To Me/Breath" e "The Great Gig In The Sky" nei quali viene a mancare una parte sensibile di quel profondo incantesimo astrale e psichedelico che era proprio uno dei punti cardine dei Pink Floyd, elemento che viene riprodotto invece in maniera molto più tangibile nella reinterpretazione di "Any Colour You Like".
All'atto pratico, dunque, come dobbiamo considerare "The Black Side Of The Moon"? Niente di più e niente di meno di ciò che è: un esperimento al quale i musicisti coinvolti, Peso in particolar modo, tenevano fortemente, una rilettura personalizzata (nel bene e nel male) di un classico immortale della musica.
Certo, ascoltare "The Black Side Of The Moon" non potrà mai eguagliare le emozioni uniche che "The Dark Side Of The Moon" suscita ma può essere sicuramente un modo interessante per scoprire l'espressività di musicisti che siamo abituati a conoscere in contesti differenti.

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